venerdì 25 marzo 2016

Ut 1: Le Vie della Fame

Ho ordinato anche la versione deluxe in fumetteria ma non ho resistito e l’ho preso già in edicola; e poi sinceramente la copertina di Roi mi sembra più bella di quella di Mari. Ut è una storia affascinante e originale, ambientata in un mondo pittoresco e suggestivo in cui convivono panorami marittimi, architettura mitteleuropea, rimandi a culture orientali (la «mastaba»), scorci da film espressionisti e interni ispirati, tra le altre, alla Pop e alla Op Art.
In un apocalittico futuro che non ricorda nessun’altra ambientazione post-atomica (vedi l’elenco dei riferimenti di cui sopra) il saggio Decio, probabile omaggio a Decio Canzio, ha incaricato il suo servo mascherato Ut di controllare che nessuno vada a curiosare nella loro base, la mastaba. Ut è veramente un personaggio interessante, ben lontano dagli stereotipi degli eroi seriali: un omaccione non troppo intelligente che però a volte si abbandona a fulminanti aforismi. Questa ambivalenza si applica anche alla sua sensibilità: assolutamente spietato con gli altri umani indipendentemente dal sesso e dall’età, nutre un affetto smodato per un gatto trovato per caso che lo porterà anche a trasgredire gli ordini di Decio.
Gli equilibri del mondo di Decio e Ut vengono modificati quando nella mastaba si risveglia Iranon, un efebico ma gigantesco e fortissimo umano del mondo di prima («fossile», lo chiama con disprezzo Ut) che Decio farà accompagnare alle Vie della Fame per fargli recuperare i frammenti del Diario di Hog con cui riuscire a interpretare i suoi sogni. Un incipit bello strambo, vero? E siamo appena all’inizio. Le Vie della Fame della città (o quartiere) di Chatis sono percorse da un’umanità desolata e cannibale, retrofuturisticamente dickensiana, che ha sviluppato un olfatto sovrumano per trovare vittime da divorare e controllata nell’ombra da società segrete.
Siamo insomma in un mondo surreale, onirico e metafisico, nato dalla fantasia di un giovane Corrado Roi che ne racconta la genesi nell’introduzione. Paola Barbato ne ha assecondato lo spirito imbastendo una sceneggiatura che procede anch’essa per accumulo di simboli e sequenze che sembrano seguire una propria logica interna disgiunta da una concatenazione lineare, seguendo un po’ gli impulsi repentini del protagonista. Ma al contempo la struttura e la dinamica dei poteri nelle Vie della Fame non sono affatto semplici e a causa dell’intervento di Ut e Iranon si ingarbugliano in maniera tale da richiedere al lettore un certo sforzo per dipanare la matassa fatta di inganni e di false piste, oltre che di personaggi ambivalenti. Io, poi, confesso di non aver affatto capito in cosa si differenzierebbero gli esseri umani corrotti di adesso rispetto a quelli del passato (da cui il “Circolo degli Uomini” si vanta di discendere), ma immagino che sarà rivelato nei prossimi numeri. A integrare questa lettura decisamente non banale e stimolante ci sono dei dialoghi frizzanti e anch’essi per niente stereotipati. Mi chiedo cosa ne penserà un lettore tipico Bonelli come Alessandro Olivo, se mai lo leggerà.
Al di là dell’aspetto narrativo, che mi ha catturato e che lascia prevedere faville per il futuro, quello che più colpisce di Ut è la sua splendida resa grafica. Corrado Roi si è veramente superato e ha confezionato delle tavole stupende in cui il suo tratto e le sue fantasie (i periscopi nelle case… le parole crociate sui muri…) sono stati integrati da effetti bellissimi e da inquadrature ricercate, oltre che da alcuni preziosismi come la voce ripetuta “questo è il Diario di Hog” a incorniciare le tavole in cui ne vengono letti alcuni brani. Da quel che conosco io della Bonelli credo che Ut si distacchi molto dalla produzione consueta, come testimonia anche il prezzo di “ben” 4 euro per le solite 96 pagine, ma a ben guardare lo strapopolare 16x21 potrebbe paradossalmente diventare un buon viatico per la penetrazione nel settore dei graphic novel, visto che tutto sommato non è troppo distante dal 17x24 solitamente associato a quella fascia di prodotti. E da quel che si è potuto vedere in questo primo numero il sognante e raffinato Ut ha senz’altro i numeri per essere considerato tale, indipendentemente dalla casa editrice che lo ha prodotto.
La copertina è ruvida in rilievo (da fumatore di pipa la stavo per definire “rusticata”), un effetto non spiacevole ma che secondo me toglie un po’ di nitidezza alla bella illustrazione di Roi contaminandola con le venature del cartoncino.
Tanto per mostrare che l’arte di Roi non mi ha obnubilato le capacità di giudizio segnalo due errori che (incredibile!) ho trovato in questo albo Bonelli: a pagina 18 Decio dice che un personaggio «non si accorto di niente» senza “è” mentre a pagina 25 Ut apostrofa Iranon così: «Non riconosci la notte dal giorno». Non era più indicato il verbo “distinguere”?

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