sabato 26 dicembre 2015

Miracleman # 1 - Libro Quarto: L'Età dell'Oro - capitolo uno



Accidenti, certo che ad aprire questo fascicolo, nientemeno che il mitico seguito perduto di Miracleman, e constatare che la carta impiegata dalla Panini non è patinata ci si rimane male. Purtroppo non è l’unico motivo di insoddisfazione. La foliazione è di 48 pagine ma di fumetto vero e proprio ce ne sono solo 26, di cui un paio sono semplicemente la prima parte di una storia spezzata in più puntate. Il resto dell’albo è occupato da lacerti della sceneggiatura di Gaiman e da riproduzioni al naturale delle tavole, con qualche occasionale materiale extra.
E poi ai disegni c’è Mark Buckingham.
Non è che Buckingham faccia proprio schifo ma mi sembra chiaro che rientra nella categoria degli onesti artigiani, se non proprio dei velocisti: quei disegnatori che le case editrici si tengono cari perché garantiscono uscite puntuali, affidabilità, soddisfazione di richieste dell’ultima ora e magari non rompono i coglioni come le star. Ma la piacevolezza del tratto, la raffinatezza, i virtuosismi stanno altrove. E se queste qualità fanno di Buckingham il disegnatore ideale per il serrato ritmo seriale di Fables (dove in effetti ha dato prove anche bruttarelle) non mi sembra il disegnatore adatto a illustrare un fumetto-evento come questo, che a parte un comunque dignitoso Veitch aveva sempre avuto una parte grafica d’eccezione.
I suoi profili impossibili sono quasi assenti, ma ci sono le anatomie tagliate con l’accetta, le prospettive assurde, una piattezza inusitata e anticlimatica nell’apparizione sbilenca e bidimensionale del protagonista a pagina 21, così come la sua rappresentazione a pagina 22 sembra quasi rivaleggiare con la famigerata immagine di Capitan America con le tette di Rob Liefeld in quanto a distorsione anatomica (Liefeld vince alla grande, ma comunque nemmeno Buckingham è proprio un bel vedere anche perché uno si chiede come abbia fatto il simbolo di Miracleman a spostarsi dal suo petto).
Il fatto che si perda in tutti quei tratteggi e ghirigori alla Sienkiewicz sta probabilmente a testimoniare quanto il progetto fosse visto come qualcosa di speciale, di artsy, di diverso insomma dalla solita produzione mainstream, ma non mi sembra affatto che Buckingham abbia i numeri per soddisfare quel tipo di pubblico. E l’abbondante uso di collage non fa che sottolineare le sue carenze tecniche.
Comunque può darsi che resterò a bordo. Anche se la storia imbastita da Gaiman è poco più di una parabola zen mi ha intrigato abbastanza e sono curioso di vedere dove andrà a parare nei prossimi numeri. E poi magari la mia variant cover metallizzata in futuro varrà qualcosa.

2 commenti:

  1. Ma scherzi o ci sono ancora davvero le variant covers metallizzate?

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    1. La mia è quella che vedi in basso a destra nel post. A cosa serve una pensione quando un domani potrai rivenderti un tale tesoro?

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