domenica 26 ottobre 2014

Le Aquile di Roma 2 (ovvero il 3 e il 4)



Il secondo volume integrale di Le Aquile di Roma conferma l’ottima impressione che mi aveva lasciato il primo. Enrico Marini aggiunge intrighi e complotti appassionanti alla già bellissima storia di Falco e Arminio/Ermanamer mentre le vite dei due protagonisti continuano a intrecciarsi e a complicarsi per conto loro fino ad arrivare alla resa dei conti finale che lascia presagire ulteriori sviluppi.
Tra l’ottavo e il nono anno dell’era cristiana Roma è ancora in procinto di “pacificare” la Germania ma il compito non è facile vista l’irriducibilità dei barbari e l’inospitalità delle impervie foreste nordiche. Né aiuta l’inettitudine e lo scarso entusiasmo degli stessi soldati stanziati in loco, oltre all’apatia e all’ottuso opportunismo del prefetto Varo. D’altra parte anche Catti, Cherusci e le altre tribù germaniche hanno le loro difficoltà vista la ritrosia nel fare fronte comune contro il nemico, e anche in seno alle singole tribù serpeggiano complotti e tradimenti.

Sulla qualità eccellente dei disegni si potrebbe tranquillamente glissare, tanto è evidente e tanto è consacrato l’autore, ma mi preme sottolineare come Marini non solo produca delle tavole oggettivamente bellissime (e già questo mi basterebbe) ma riesca a racchiudere in ogni vignetta esattamente quello che serve per raccontare nel modo migliore la storia, niente di più e niente di meno. I suoi personaggi sono così espressivi che non serve quasi leggere i dialoghi per capire i rapporti di forza tra di loro, le considerazioni che nutrono gli uni per gli altri, gli schieramenti di cui fanno parte. E una dote del genere ricordo di averla ravvisata solo in Jean Giraud e in pochi altri. Fermi restando i suoi panorami mozzafiato delle brumose foreste germaniche, i dettagliatissimi castra, le donne bellissime e l’equipaggiamento e il vestiario di barbari e romani perfettamente ricostruito: davanti a tanta magnificenza mi pento di non aver preso i due volumi qui raccolti nella precedente versione in gran formato fattane dalla Panini.

Alla luce della qualità eccellente di Le Aquile di Roma il ricco e già buono curriculum di Marini viene messo decisamente in ombra: Gypsy era simpatico, ma nulla di più; La Stella del Deserto un piacevole divertissement; Rapaci una storia troppo “larger than life” per non risultare ridicola, anche se si riscatta sul finale; Lo Scorpione un’occasione sprecata di dare ossigeno all’Avventura classica. Mi sembra veramente un bene che Marini abbia deciso di prendere in mano in toto le redini delle sue opere.

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