giovedì 11 gennaio 2018

Historica Biografie 9: Vercingetorige

Inizia col piede giusto il nuovo anno la collana Historica Biografie, con il volume “gemello” di Cesare che si segnala per la spettacolarità del comparto grafico.
Dopo una sequenza introduttiva apparentemente slegata dal resto, Vercingetorige si sviluppa con l’espediente del protagonista ormai prigioniero di Cesare che gli racconta la storia della sua vita. Con un’impostazione del genere è inevitabile che il fumetto abbia un taglio scolastico e didascalico, ma si legge comunque con piacere e rimane scorrevole anche se ogni tanto i dialoghi servono a puntualizzare qualche retroscena che non viene esplicitato in altro modo. Il tutto viene però nobilitato dal colpo di scena finale che si riallaccia con quelle prime tavole apparentemente fuori contesto.
Valoroso ma talvolta contestato capo degli Arverni, figlio di un nobile arso vivo a causa della stessa ambizione che avrebbe tramandato al figlio, Vercingetorige diede filo da torcere a Roma grazie alle sue competenze strategiche che aveva appreso dagli stessi Romani quando prestava servizio nel loro  esercito, com’era uso all’epoca presso le popolazioni alleate e quelle assoggettate. La caduta del condottiero gallo comincia con la caduta di Avaricum, a cui viene dedicato molto spazio nel volume, che costituirà per lui l’inizio della fine.
I testi sono scritti a quattro mani da Éric Adam e Didier Convard; quest’ultimo, salvo un improbabile caso di omonimia, è uno dei più importanti sceneggiatori francesi e anche qui ha dimostrato il suo rigore e la sua professionalità.
Come anticipato sopra, il comparto grafico è spettacolare. Fred Vignaux si ispira evidentemente a Enrico Marini, quello più nervoso e dinamico di Gypsy, e nel confronto con l’autore de Le Aquile di Roma non sfigura affatto, tanto più che anche i suoi colori (per cui ha avuto l’assistenza di Charlène Tabary) sono di ottima qualità, al punto che talvolta non sembrano nemmeno generati col computer – anche se in questo modo le parti più manifestamente digitali risaltano molto di più di quello che dovrebbero.
L’apparato storico curato da Stéphane Bourdin è molto utile per capire meglio le libertà che si sono presi gli autori (inevitabili data la scarsità e la parzialità delle fonti disponibili), cosa che viene ulteriormente approfondita nel making of.

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