lunedì 30 ottobre 2017

Mercurio Loi 6: A passeggio per Roma

Mai letto nulla finora di Mercurio Loi, ma la particolarità di questo sesto episodio mi ha spinto all’acquisto. A passeggio per Roma è una specie di librogame, o meglio una di quelle storie a bivi che venivano pubblicate su Topolino.
La prima volta che l’ho letto sono “morto” subito mentre il percorso che ho scelto per la seconda lettura si è rivelato quello più soddisfacente tra le varie alternative. La storia è comunque leggibile tutta d’un fiato dall’inizio alla fine senza prendere una diramazione piuttosto che un’altra, anche se per giustificare certe reiterazioni Bilotta ha dovuto fare ricorso a mezzucci come un ipnotizzatore e un’allucinazione da abbiocco.
La trama offre più filosofia che azione o intrighi (sin dai redazionali a pagina 4: ma Bilotta scrive tutte le introduzioni così?) e attorno ad alcuni nuclei tematici più rilevanti, cioè la condanna del fratello di un vescovo e l’esibizione funambolica di un vecchio insegnante di Mercurio Loi, si sviluppano delle riflessioni su come le nostre scelte condizionino la nostra vita e di conseguenza sul libero arbitrio, forse solo un’illusione. In chiave umoristica l’argomento era già stato trattato da Moreno Burattini in una storia a bivi di Cattivik, che era appunto una critica alla falsa libertà di cui godrebbe il lettore di librogame, anche se qui Bilotta introduce la possibilità di mandare volontariamente in loop certe sequenze per godersele all’infinito.
Niente di nuovo sotto il sole, dunque, ma scritto con grande gusto e un’architettura narrativa quasi perfetta – a tal proposito, a pagina 21 nella seconda vignetta la testa del bastone di Mercurio Loi forma il numero 4: è solo un caso oppure una cosa voluta per rimandare il lettore all’introduzione di pagina 4 e quindi alle elucubrazioni dell’autore? Il finale è molto buono, a maggior ragione se viene letto come l’ho letto io dopo esserci incappato per sbaglio una prima volta, ma il piglio metanarrativo che affiora in molti punti finisce presto per stufare.
Pur non conoscendo nulla dell’universo narrativo della serie, non mi è stato difficile prendere familiarità con i personaggi e calarmi nell’atmosfera, nonostante Bilotta non abbia adottato per fortuna l’antipatica abitudine di far parlare meccanicamente i protagonisti a beneficio del lettore neofita riassumendo le loro caratteristiche e i rapporti che li uniscono. E credo di aver capito che l’arcinemico di Mercurio Loi, Pasquino, sia Camillo Scaccia, anche se il passaggio da pagina 87 a 88 apparentemente rende la cosa impossibile (tutto sta nel capire da quando inizia l’allucinazione).
I disegni di Sergio Ponchione sono molto buoni, non solo a livello estetico ma anche registico. Se Bilotta ha curato al millimetro il meccanismo della trama, il disegnatore ha dato delle grandi prove con il montaggio alternato delle tavole 28 e 29 e con le varie panoramiche dall’alto che ha inserito nel fumetto.
Anche i colori di Nicola Righi sono buoni e non si limitano a riempire banalmente le vignette ma contribuiscono a creare i volumi e ad arricchire l’atmosfera. È un peccato che anche in questo caso la qualità della carta vanifichi in parte il lavoro degli autori rendendolo un po’ evanescente.

1 commento:

  1. Io lo prendo domani, per me Loi è il miglior fumetto italiano contemporaneo (o comunque degli ultimi 30 anni). Mi fa piacere ti sia piaciuto, è particolare questo albo da come lo descrivi e me lo godrò :)

    Moz-

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