domenica 29 ottobre 2017

Il Punto di Vista degli Ulivi

Sapevo che difficilmente gli altri libri della collana MiDi – Fumetti per il Sud sarebbero stati allo stesso livello de Le Leonesse di Monteleone ma ho voluto dare comunque una chance a quelli che mi sembravano rientrare di più nelle mie corde. Attirato dalla sua copertina vagamente mattottiana, ho ordinato quindi anche Il Punto di Vista degli Ulivi ed effettivamente, per quanto sia comunque una lettura gradevole, non è stato entusiasmante.
Nel volume sono raccolte quattro storie brevi, introdotte da una prefazione redatta in prima persona da un ulivo che vanifica la sua originalità rivelandosi alla fine un panegirico sul lavoro svolto dal progetto della Comune Urupia. Non metto in dubbio la validità dell’operato della Comune ma, accidenti, sembra proprio uno spot pubblicitario.
I quattro racconti non hanno un titolo ma sono introdotti da una pietra miliare (dietro cui svetta un ulivo, elemento ricorrente di tutte le storie) che riporta il millennio in cui sono ambientati. Il primo è probabilmente la trasposizione di una leggenda locale: dei pastori Messapi sperano di intrattenersi con delle donne (o forse sono delle ninfe?) dopo averle sconfitte in una gara di ballo ma, senza rivelare il finale, «volevano suonare e sono stati suonati». Il secondo racconto è ambientato intorno all’anno Mille e mostra la caparbietà dei pugliesi sopravvissuti all’assalto dei saraceni grazie agli ulivi: ricostruiranno la loro città devastata, ma non viene specificato di quale città si trattasse. Nel terzo racconto viene riassunta la dura vita dei braccianti nel periodo immediatamente successivo alla Prima Guerra Mondiale e la loro decisione di riunirsi in una lega comune. Il quarto è ambientato nel futuro e ha un approccio didascalico (sin troppo marcato), con cui vengono denunciati i mezzi tramite cui vennero depauperati gli uliveti pugliesi in favore di un facile guadagno, ricorrendo anche a un’informazione falsa e pilotata; nel XXX millennio, comunque, c’è ancora posto per la speranza.
Il poco spazio a disposizione permette allo sceneggiatore Marco Gastoni, lo stesso de Le Leonesse di Monteleone, di sviluppare compiutamente solo la prima e l’ultima storia, mentre le altre due sembrano più che altro dei prologhi. Il risultato è comunque sufficientemente evocativo e immagino fosse questa la volontà dell’autore.
Per quel che riguarda i disegni, di mattottiano Nicola Gobbi ha effettivamente ben poco. Dal gusto sketchy e un caricaturale, non rende affatto bene il contesto della prima storia, che avrebbe richiesto un maggiore rigore anatomico. Dalla seconda in poi, però, le cose cambiano perché le vicende si basano molto sull’atmosfera e Gobbi si prodiga nell’accumulo di tratteggi che rendono bene il senso di oppressione o pericolo che vivono i protagonisti. L’ultima storia è un po’ a metà strada tra questi due estremi (e probabilmente Gobbi avrebbe dovuto diversificare di più i personaggi) ma comunque il risultato è dignitoso, tanto più che per rimarcarne la natura fantascientifica ha fatto ricorso ai retini. In generale, non male i colori.

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