lunedì 30 ottobre 2017

Mercurio Loi 6: A passeggio per Roma

Mai letto nulla finora di Mercurio Loi, ma la particolarità di questo sesto episodio mi ha spinto all’acquisto. A passeggio per Roma è una specie di librogame, o meglio una di quelle storie a bivi che venivano pubblicate su Topolino.
La prima volta che l’ho letto sono “morto” subito mentre il percorso che ho scelto per la seconda lettura si è rivelato quello più soddisfacente tra le varie alternative. La storia è comunque leggibile tutta d’un fiato dall’inizio alla fine senza prendere una diramazione piuttosto che un’altra, anche se per giustificare certe reiterazioni Bilotta ha dovuto fare ricorso a mezzucci come un ipnotizzatore e un’allucinazione da abbiocco.
La trama offre più filosofia che azione o intrighi (sin dai redazionali a pagina 4: ma Bilotta scrive tutte le introduzioni così?) e attorno ad alcuni nuclei tematici più rilevanti, cioè la condanna del fratello di un vescovo e l’esibizione funambolica di un vecchio insegnante di Mercurio Loi, si sviluppano delle riflessioni su come le nostre scelte condizionino la nostra vita e di conseguenza sul libero arbitrio, forse solo un’illusione. In chiave umoristica l’argomento era già stato trattato da Moreno Burattini in una storia a bivi di Cattivik, che era appunto una critica alla falsa libertà di cui godrebbe il lettore di librogame, anche se qui Bilotta introduce la possibilità di mandare volontariamente in loop certe sequenze per godersele all’infinito.
Niente di nuovo sotto il sole, dunque, ma scritto con grande gusto e un’architettura narrativa quasi perfetta – a tal proposito, a pagina 21 nella seconda vignetta la testa del bastone di Mercurio Loi forma il numero 4: è solo un caso oppure una cosa voluta per rimandare il lettore all’introduzione di pagina 4 e quindi alle elucubrazioni dell’autore? Il finale è molto buono, a maggior ragione se viene letto come l’ho letto io dopo esserci incappato per sbaglio una prima volta, ma il piglio metanarrativo che affiora in molti punti finisce presto per stufare.
Pur non conoscendo nulla dell’universo narrativo della serie, non mi è stato difficile prendere familiarità con i personaggi e calarmi nell’atmosfera, nonostante Bilotta non abbia adottato per fortuna l’antipatica abitudine di far parlare meccanicamente i protagonisti a beneficio del lettore neofita riassumendo le loro caratteristiche e i rapporti che li uniscono. E credo di aver capito che l’arcinemico di Mercurio Loi, Pasquino, sia Camillo Scaccia, anche se il passaggio da pagina 87 a 88 apparentemente rende la cosa impossibile (tutto sta nel capire da quando inizia l’allucinazione).
I disegni di Sergio Ponchione sono molto buoni, non solo a livello estetico ma anche registico. Se Bilotta ha curato al millimetro il meccanismo della trama, il disegnatore ha dato delle grandi prove con il montaggio alternato delle tavole 28 e 29 e con le varie panoramiche dall’alto che ha inserito nel fumetto.
Anche i colori di Nicola Righi sono buoni e non si limitano a riempire banalmente le vignette ma contribuiscono a creare i volumi e ad arricchire l’atmosfera. È un peccato che anche in questo caso la qualità della carta vanifichi in parte il lavoro degli autori rendendolo un po’ evanescente.

domenica 29 ottobre 2017

Il Punto di Vista degli Ulivi

Sapevo che difficilmente gli altri libri della collana MiDi – Fumetti per il Sud sarebbero stati allo stesso livello de Le Leonesse di Monteleone ma ho voluto dare comunque una chance a quelli che mi sembravano rientrare di più nelle mie corde. Attirato dalla sua copertina vagamente mattottiana, ho ordinato quindi anche Il Punto di Vista degli Ulivi ed effettivamente, per quanto sia comunque una lettura gradevole, non è stato entusiasmante.
Nel volume sono raccolte quattro storie brevi, introdotte da una prefazione redatta in prima persona da un ulivo che vanifica la sua originalità rivelandosi alla fine un panegirico sul lavoro svolto dal progetto della Comune Urupia. Non metto in dubbio la validità dell’operato della Comune ma, accidenti, sembra proprio uno spot pubblicitario.
I quattro racconti non hanno un titolo ma sono introdotti da una pietra miliare (dietro cui svetta un ulivo, elemento ricorrente di tutte le storie) che riporta il millennio in cui sono ambientati. Il primo è probabilmente la trasposizione di una leggenda locale: dei pastori Messapi sperano di intrattenersi con delle donne (o forse sono delle ninfe?) dopo averle sconfitte in una gara di ballo ma, senza rivelare il finale, «volevano suonare e sono stati suonati». Il secondo racconto è ambientato intorno all’anno Mille e mostra la caparbietà dei pugliesi sopravvissuti all’assalto dei saraceni grazie agli ulivi: ricostruiranno la loro città devastata, ma non viene specificato di quale città si trattasse. Nel terzo racconto viene riassunta la dura vita dei braccianti nel periodo immediatamente successivo alla Prima Guerra Mondiale e la loro decisione di riunirsi in una lega comune. Il quarto è ambientato nel futuro e ha un approccio didascalico (sin troppo marcato), con cui vengono denunciati i mezzi tramite cui vennero depauperati gli uliveti pugliesi in favore di un facile guadagno, ricorrendo anche a un’informazione falsa e pilotata; nel XXX millennio, comunque, c’è ancora posto per la speranza.
Il poco spazio a disposizione permette allo sceneggiatore Marco Gastoni, lo stesso de Le Leonesse di Monteleone, di sviluppare compiutamente solo la prima e l’ultima storia, mentre le altre due sembrano più che altro dei prologhi. Il risultato è comunque sufficientemente evocativo e immagino fosse questa la volontà dell’autore.
Per quel che riguarda i disegni, di mattottiano Nicola Gobbi ha effettivamente ben poco. Dal gusto sketchy e un caricaturale, non rende affatto bene il contesto della prima storia, che avrebbe richiesto un maggiore rigore anatomico. Dalla seconda in poi, però, le cose cambiano perché le vicende si basano molto sull’atmosfera e Gobbi si prodiga nell’accumulo di tratteggi che rendono bene il senso di oppressione o pericolo che vivono i protagonisti. L’ultima storia è un po’ a metà strada tra questi due estremi (e probabilmente Gobbi avrebbe dovuto diversificare di più i personaggi) ma comunque il risultato è dignitoso, tanto più che per rimarcarne la natura fantascientifica ha fatto ricorso ai retini. In generale, non male i colori.

giovedì 26 ottobre 2017

La prima intervista a Tiziano Sclavi

Rileggendo alcuni vecchi numeri di Fumo di China del periodo Alessandro ho riletto un commento stizzito sul fatto che Sclavi, all’epoca notoriamente avverso alle interviste, ne avesse concessa una a Comic Art invece che alla prozine.
L’intervista è quella che segue, ospitata sul numero 18 della rivista (del gennaio 1986), che quindi si candida a essere la vera prima intervista a Sclavi, essendo questa più che altro una presentazione dell’autore.
Sempre che a rispondere alle domande fosse stato veramente Sclavi, dubbio che ironicamente avanzava anche Fumo di China.

lunedì 23 ottobre 2017

Povero Surzhenko!

Adesso che De Vita non disegna più Kriss di Valnor, è rimasto da solo a gestire TUTTI E TRE gli spin-off di Thorgal e, come era facilmente prevedibile, la qualità ha risentito del superlavoro a cui è sottoposto. Lo si nota in particolare nell’ultimo volume, il terzo, di Lupa, che come al solito raccoglie due uscite francesi.
Siamo ancora su un livello accettabile, ma ampie pennellate hanno preso quasi del tutto il posto dei tratteggi, qualche postura avrebbe meritato uno studio maggiore, si sono moltiplicate le silhouette interamente nere, i tratteggi rimasti sono grossolani e gli sfondi sono a volte solo abbozzati per essere rifiniti poi coi colori (e questi, almeno, sono ancora a un buon livello).
Complice il fatto che le tavole di Thorgal e dei suoi derivati si basano su una struttura a tre strisce, alcune pagine che hanno meno vignette della media sembrano ingrandimenti di un fumetto Bonelli.
Lupa è la serie che mi piace di meno dei Mondi di Thorgal, ma resta comunque una lettura piacevole pur con le situazioni inverosimili che si inventa Yann (la bava delle lumache…). A proposito di Yann, tra le strizzatine d’occhio che inserisce in questo fumetto Marco Rizzo non ha colto la citazione di Lolth: Yann un appassionato dei Forgotten Realms, chi se lo sarebbe mai aspettato?
La Lombard (o Dargaud-Lombard, o Dargaud Belgique…) ovviamente fa bene a spremere il più possibile il suo limone milionario, ma è possibile che non riesca a trovare almeno un altro disegnatore che faccia respirare un po’ il povero Surzhenko, in modo da farlo tornare a esprimersi ai livelli dei primi episodi? Oltretutto la micidiale tabella di marcia delle uscite sembra autorizzare gli sceneggiatori a concludere i volumi con fastidiosi cliffhanger, che nel caso del terzo di Lupa riguardano ben tre situazioni diverse!
Il secondo volume italiano dedicato a La Giovinezza di Thorgal mi era piaciuto molto e pensavo di metterlo nel Meglio del 2017, ma adesso ci sto ripensando.

sabato 21 ottobre 2017

Daredevil 5: L'Uomo che ha Paura

Con questo quinto volume della splendida run di Mark Waid il nodo principale della saga viene al pettine e si scopre chi c’è dietro le macchinazioni che hanno coinvolto il protagonista sin dal numero 1 (questo volume raccoglie i comic book originali dal 22 al 27).
Dopo un assalto del Superior Spider-man assistiamo a un’escalation di attentati contro Matt Murdock in entrambe le sue identità, mentre al suo socio Foggy Nelson viene diagnosticato il cancro, cosa che spiega il nervosismo che ha causato gli attriti tra i due nel corso del volume precedente. La rivelazione dell’identità segreta del mandante è stata una sorpresa (io pensavo che fosse Nuke!) e nel corso della storia riappaiono vari personaggi e ne viene introdotto uno nuovo piuttosto interessante. Non manca una storia breve in appendice al numero 26, di quelle patetiche con bambini ammalati di cancro: tutto sommato non è male e crea la giusta suspense prima del gran finale.
Waid scrive in maniera divina, riuscendo a mantenere un equilibrio perfetto tra gli elementi drammatici e quelli supereoristici della serie; tutti i molteplici dettagli che ha inserito contribuiscono a formare un unico affresco complesso e coerente, i suoi dialoghi sono stupendi ed è bravissimo a giocare con le aspettative del lettore. Il ritmo è sostenuto e incalzante, sono rimasto incollato alle pagine fino alla fine. Probabilmente questo è finora il volume migliore della serie.
È tutto perfetto, quindi? Non proprio. La parte grafica è affidata a Chris Samnee, disegnatore dignitoso di comprovata professionalità: nelle sue sintetiche vignette sa evidenziare con efficacia tutti gli elementi necessari a comprendere le scene, ma restano desolatamente scarne. Rabbrividisco al pensiero di quello che avrebbe potuto essere questo Daredevil nelle mani di un Romita Jr. o dei fratelli Kubert, cionondimeno una maggiore attenzione all’aspetto estetico e non solo a quello funzionale dei disegni avrebbe fatto quadrare il cerchio avvicinando la parte grafica all’eccellenza di quella scritta. Invece al bravissimo Paolo Rivera non hanno più fatto fare nemmeno le copertine, va a capire perché.
Un volume comunque consigliatissimo.

giovedì 19 ottobre 2017

Historica Special - Bataclan: Terrore a Parigi

Questa uscita fuori serie di Historica sembra ribaltare l’abitudine invalsa da parecchio sul mercato italiano: non si tratta della proposta in formato ridotto di un fumetto franco-belga ma, all’opposto, parrebbe che ne abbiano ingrandito le dimensioni per dargli uniformità con gli altri volumi della collana-madre. Ciò spiegherebbe perché le tavole sembrano scansionate direttamente da un volume, con tanto di bordi delle pagine originali che emergono ogni tanto e una risoluzione non ottimale, anche se solo a pagina 87 assistiamo a un vero disastro. Che poi, per il tipo di disegno adottato da Brahy, non è poi questa tragedia.
Bataclan ricostruisce meticolosamente la preparazione degli attentati del 13 novembre 2015 per circa mezzo volume, per poi concentrarsi com’è logico sugli attentati stessi. La sceneggiatrice Anne Giudicelli ha senza dubbio una cultura enciclopedica sull’Islam e una visione corretta dei giochi di potere tra nazioni, ma la sua esperienza di scrittura di fumetti è modesta e si nota pesantemente: nell’ansia di presentare tutti i dettagli finisce per inanellare sequenze molto frammentarie e a volte poco chiare ai profani. Inoltre i personaggi coinvolti sono veramente tantissimi (e ognuno di loro usa almeno due pseudonimi!), né aiuta più di tanto il disegno di Brahy per distinguerli uno dall’altro e capire le loro intenzioni. Le ossessive note a piè di pagine, che a volte sviluppano dettagli tutto sommato poco incisivi, affaticano ancora di più il lettore.
A chi telefona il signore a pagina 36? Che rapporto hanno (se lo hanno) le ragazze delle pagine 67-68 con i terroristi? Perché l’attentatore è così infuriato con la ragazza a pagina 73? Forse perché è musulmana anche lei? Mah.
Quando la storia dovrebbe decollare, ovvero con le prime avvisaglie degli attentati e poi con la concitazione che ne consegue, il ritmo non cambia e la vicenda procede al rallentatore fino a una conclusione che potrebbe sembrare nebulosa a un lettore che non abbia letto con attenzione alcune parti specifiche del fumetto.
L’aspetto grafico non mi ha affatto entusiasmato, anche tenendo conto della giustificazione che probabilmente il fumetto è nato per un altro formato (dalla diagonale direi quasi il 17x26 dei comic book). Luc Brahy più che altro fa degli schizzi veloci che abbellisce e completa con una rapida mezzatinta, ma non riesce a caratterizzare tutti i personaggi più importanti con quei pochi tratti. Sarà senz’altro bravo a disegnare le automobili, ma gli sfondi sono pressoché inesistenti e alcuni dettagli, in particolar modo le mani, sembrano approssimativi pur se evidentemente basati su documentazione fotografica.
Più che altrove, nel caso di Bataclan sarebbe stato utile (quasi doveroso, direi) un apparato redazionale che chiarisse e sviluppasse alcuni dei punti toccati dalla Giudicelli. Altrimenti sembrerebbe quasi che in alcuni punti la sceneggiatrice giustifichi le azioni dei terroristi con la politica estera di Hollande, o che voglia puntare di più l’attenzione sull’inadeguatezza di alcune infrastrutture e istituzioni francesi.

martedì 17 ottobre 2017

Dommage!

Ero così contento che su Il Giornalino tornassero a pubblicare Biglia e invece mi accorgo che la “loro” terza avventura è evidentemente il quinto volume originale!
Ne hanno saltati due, il secondo e il quarto. Probabilmente (come si evince anche dai dialoghi) contenevano della situazioni ritenute troppo drammatiche per il pubblico più giovane, ma così si è anche perso il senso della “banda dei coccodrilli” che viene citata. Che peccato.

domenica 15 ottobre 2017

Britannia

Nonostante la mia stima verso gli autori non l’avevo ordinato perché dall’annuncio che ne era stato fatto sembrava che i disegnatori fossero molteplici e temevo che al mio amato Juan José Ryp fosse riservato solo un episodio o giù di lì. Verificato in fumetteria che a Raúl Allén e Patricia Martin è stato concesso solo lo spazio di 4-tavole-4, ho subito proceduto all’acquisto.
Antonio Axia era un soldato e sei anni prima degli eventi principali di questo volume era stato coinvolto in un’indagine soprannaturale in Etruria, a cui era sopravvissuto solo con l’aiuto delle sacerdotesse vestali che in qualche modo lo hanno “riprogrammato”. Adesso, cioè nel 65 d. C., è un deduttore: un detective ante litteram che sa leggere il linguaggio del corpo e analizzare ogni minimo indizio. Il laidissimo Nerone lo manda nella selvaggia Britannia a indagare su avvenimenti misteriosi che coinvolgono un castra lì stazionato, e Antonio avrà modo di regolare i conti con i demoni del suo passato – in senso letterale. Le virginali vestali (in particolari la loro somma sacerdotessa Rubria) non sono estranee al suo coinvolgimento in questa missione.
Britannia è un’opera decisamente postmoderna in cui si fonde l’avventura storica con quella investigativa, ma in cui sono presenti anche dosi massicce di horror e commedia. Dato il background di Peter Milligan si possono probabilmente vedere in controluce in alcuni dialoghi delle frecciatine all’attuale politica estera statunitense. Ma ci sono anche riferimenti autoironici all’arretratezza, culturale e culinaria, dell’Inghilterra.
Questo materiale originale e stimolante viene però incanalato in una struttura narrativa molto classica, con flashback prevedibili, espedienti canonici per risolvere gli snodi della trama e cliffhanger a conclusione di ognuno dei primi tre capitoli che vengono regolarmente risolti in poche pagine all’inizio dei capitoli successivi.
Molto validi (né c’era da aspettarsi diversamente) i disegni di Ryp, molto espressivo e dettagliato come sempre, ma stavolta senza quelle derive un po’ caricaturali che ogni tanto affiorano nei suoi lavori.
Nonostante sia già annunciato un seguito Britannia ha il pregio di presentare una storia conclusa che inizia e finisce in questo volume.
8,90 euro per un volume di 128 pagine sono senz’altro un buon prezzo, ma la qualità di stampa non è ottimale: sarebbe facile imputare la scarsa definizione di molte pagine al fatto che Ryp ha disegnato a matita senza inchiostrare, ma i fuori registro che si notano nei balloon colorati testimoniano invece delle difficoltà a livello tipografico.

venerdì 13 ottobre 2017

Historica Biografie 6: Lutero

Ecco un altro sceneggiatore che sa scrivere bene fumetti storici. Stavolta è sotto i riflettori il padre inconsapevole del Protestantesimo, che abbandona da giovane una promettente carriera di avvocato per farsi monaco, rispettando un voto che aveva fatto a Sant’Anna per averlo salvato da un temporale (!) ma che in realtà è una scelta motivata dalla sua profonda spiritualità, come ci viene mostrato durante i suoi morigerati anni di studio.
Olivier Jouvray scrive in maniera fluida e piacevole, senza che la narrazione risulti frammentaria e senza nemmeno rallentare il ritmo per spiegare meglio certi concetti al lettore. Anzi, certe sequenze come la scansione alternata della fuga di Lutero e della dichiarazione della sua condanna a pagina 40 sono molto coinvolgenti. Grazie a uno stile che unisce essenzialità a chiarezza, lo sceneggiatore è riuscito a rendere perfettamente comprensibili anche i dibattiti di materia teologica, che di per sé non sono un argomento facile. È inoltre molto bravo a usare il fraseggio tra le didascalie e i dialoghi e alla fine, quando inevitabilmente il fumetto deve prendere la rincorsa per riassumere gli ultimi anni di vita di Lutero in sole 7 pagine, non si è avvertito quel senso di fretta che spesso si percepisce  in queste situazioni.
La parte grafica non è all’altezza di quella scritta, pur essendo comunque dignitosa. L’impressione che mi hanno dato i disegni di Filippo Cenni è quella di trovarmi davanti a un disegnatore giovane che ha sicuramente delle potenzialità ma che è ancora incerto e acerbo. Le sue figure sono spesso solo sbozzate e un po’ imprecise (mancano le unghie delle mani, sin dalla copertina), tradendo forse una preferenza per uno stile espressionista che però mal si sarebbe adattato a un fumetto storico. Non è di certo d’aiuto il fatto che Cenni abbia realizzato solo le matite senza inchiostrarle, cosa che le avrebbe rese senz’altro più robuste. Le derive naïf dello stile di Cenni sono oltretutto ancora più evidenziate dalla calligrafica visualizzazione degli edifici, sicuramente dovuta a qualche diavoleria digitale.
Buoni i colori di Alessia Nocera, anche se l’inserimento di dettagli fotografici (vedi il fuoco a pagina 7 e le vetrate a pagina 11) mi lascia sempre perplesso, per non parlare degli effetti digitali con cui si vorrebbe fingere di aver usato l’acquerello – ma se la forma delle macchie è identica e ripetuta più volte per forza di cose il risultato sembrerà artefatto, altro che acquerello!
Matthieu Arnold fornisce un buon apparato critico per meglio capire quanto del fumetto sia frutto di speculazione e quanto sia documentato (e d’altro canto nel “making of” gli autori sembrano preoccupati principalmente di giustificarsi con gli esperti in merito alla veridicità degli argomenti affrontati e della selezione che hanno dovuto operare tra le tante vicende della ricchissima vita di Lutero).

POSTILLA
Proprio oggi l’edicolante ha sottolineato come siano fatti bene questi volumi e io non ho voluto ribattere che bisognerebbe prima tirarli fuori dal cellophan per sincerarsi che non contengano magagne: dopotutto con Historica e Historica Biografie non ho mai avuto esperienze come sedicesimi invertiti o pagine bianche.
Bene, una volta aperto il volume mi sono accorto che la mia copia è stampata al contrario! Cioè la copertina è invertita rispetto alle pagine. Ben lungi da me richiederne un’altra: il fumetto e i testi ci sono tutti, e chissà quanto ci vorrà per farmene avere una copia normale. E poi hai visto mai che diventi una rarità.

mercoledì 11 ottobre 2017

Fumettisti d'Invenzione! - 120 (Speciale Achille Talon)

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

ACHILLE TALON (SERAFINO)
(Francia 1963, in Pilote, © Dargaud, umorismo)
Greg [Michel Louis Albert Regnier]

Achille Talon, o più propriamente “Ach!lle Talon” come viene citato nelle copertine dei volumi, è un ometto grasso e calvo tramite cui vengono messi alla berlina certi atteggiamenti della piccola borghesia, saccente e rampante. Il protagonista vive ancora con i genitori, ha un rapporto complesso col vicino Lefuneste e frequenta la nobildonna Virgule.
In realtà l’aspetto di satira sociale (comunque mai prevalente sull’umorismo tout-court) finisce presto in secondo piano rispetto alla comicità autoreferenziale che fa di Achille Talon l’omologo francese del Gaston Lagaffe che compare dal 1957 sulla rivista belga Spirou: anche Talon lavora presso il giornale che ne pubblica le gag (o meglio in una sua parodia: Polite invece di Pilote) e anche nel suo caso assistiamo a una serie di citazioni, comparsate, omaggi, gag metafumettistiche e addirittura al tentativo stesso di Achille Talon di diventare autore di fumetti.
L’impronta metenarrativa e autoreferenziale verrà rispettata anche dai vari team che si susseguiranno a realizzarne le nuove storie dopo la dipartita di Greg nel 1999.
In Italia Achille Talon è pressoché sconosciuto e ciò può spiegare perché Castelli non lo abbia citato nel suo testo nonostante il ricco materiale che fornisce: dopo alcune apparizioni nei Superalbi Audacia della Mondadori a fine anni ’60, è transitato timidamente su Sorry e altre sparute pubblicazioni. La presenza di giochi di parole può giustificare solo in parte questa diffusione col contagocce, visto che tutto sommato non sono più numerosi né determinanti di quelli che possiamo trovare ad esempio in Iznogoud.
Di seguito una ricognizione del tipo di categorie in cui può venire inserita la vasta produzione della serie (che conta anche avventure lunghe e non solo gag in due tavole).

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI SERIALI (pag. 28)

Molti sono trasposizioni umoristiche dei fumettisti reali che bazzicavano la redazione di Pilote (Goscinny, direttore della testata, continuerà ad apparire anche dopo la sua morte – ma non manca nemmeno Jean-Michel Charlier, sempre con un panino in mano, talvolta farcito con le cose meno probabili). Ci sono anche personaggi “generici” e Greg non si risparmia nemmeno un’autobiografia fantasiosa – più in generale, amava spesso fare dei cameo nelle sue tavole.
Lo stesso Achille Talon ha tentato di intraprendere la strada del fumettista:











Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

A differenza della categoria precedente qui ci sono dei fumettisti “trasfigurati” di cui è facile identificare la vera identità, o la cui identità è dichiarata ma che vengono ritratti in modo differente da quella che era la realtà (vedi l’omaggio a Franquin, che non è ritratto come un fumettista). In Achille Talon non mancano riferimenti ai personaggi dei fumetti di altri fumettisti e nemmeno alle riviste e agli editori concorrenti.













Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
METAFUMETTI E AUTOREFERENZIALITA’ (pag. 64)

È senz’altro la parte più consistente di Achille Talon pertinente ai Fumettisti d’Invenzione: Achille è consapevole di essere un personaggio dei fumetti e intrattiene un dialogo diretto coi lettori, talvolta mediato dalle lettere che questi gli mandano e dai consuntivi della situazione che gli fa il direttore Goscinny.
Molto spesso ci sono gag che coinvolgono l’aspetto produttivo stesso dei fumetti o che ne chiamano in causa le regole narrative o grafiche. Non mancano infine divertiti “consigli per gli acquisti” e digressioni.