martedì 31 gennaio 2017

Ma sì, dai...

Niente male questo primo volumetto della serie Grandi Maestri dedicato ad Alack Sinner. La stampa è incredibilmente buona, il prezzo è di soli 5,90 euro per 176 pagine e ci sono anche due interessanti redazionali in apertura e in chiusura.
Ovviamente non ho saputo resistere alla tentazione di confrontare queste tavole con quelle pubblicate a suo tempo dalla Rizzoli – Milano Libri nel volume Alack Sinner così com’era (chissà dove avrò messo le raccolte della Acme), scoprendo alcune cose curiose. I balloon della versione Cosmo sono diversi da quelli della Milano Libri, ma mi sembra di capire da alcuni dettagli, al di là della migliore resa estetica della Cosmo, che sia questa edizione bonellide la più fedele alle intenzioni di Muñoz, lasciando maggiore spazio per il resto delle vignette. Alcuni elementi della precedente edizione lasciano addirittura supporre che sia stata la redazione di Alter ad avere inserito degli elementi laddove il disegnatore aveva lasciato spazio vuoto come indicazione di dove inserire i dialoghi e le didascalie. Ma non sempre è così e ogni tanto sono i balloon Cosmo quelli (di poco) più invasivi.
Nel colofon viene anche riportata la voce relativa alla «traduzione»: forse Sampayo scriveva in castigliano e lo hanno tradotto a partire dal testo originale, ma credo sia più probabile che abbiano usato una versione francese di partenza, a cui potrebbero essere imputabili anche le differenze nel posizionamento e nella forma delle nuvolette. Ci sono pure dei dialoghi invertiti e delle telefonate in cui i dialoganti si scambiano di ruolo. A voi il divertimento di trovarli, insieme alle altre differenze tra le due versioni (la Cosmo ha pure ripristinato delle firme e altri elementi non presenti nel volume della Milano Libri):
Purtroppo è innegabile che la splendida carta patinata usata dalla Milano Libri sia nettamente superiore a quella della Cosmo, e i disegni di Muñoz risaltano con ben maggiore incisività. Sia come sia, sicuramente continuerò la collezione e di certo questo volume non finirà nel cassetto generico dei “bonellidi Cosmo”.

lunedì 30 gennaio 2017

Il Morto 26: Delitti di Paese

L’ultimo episodio de Il Morto ha un titolo veramente azzeccato: nel corso della lettura, soprattutto all’inizio, si avverte il torbido delle indagini che coinvolgono un paesello di provincia, mentre pian pianino la trama si disvela.
Un pescatore viene rinvenuto morto, probabilmente avvelenato, e nel corso delle indagini si scopre che l’omicidio ruota attorno alla casa della signora Cristina Bianchi: il morto non era chi diceva di essere e si trovava a pensione proprio dalla vecchia maestra, col proposito di comprarle la casa, per rinvenire il ricchissimo bottino frutto di una rapina. Uno dei rapinatori era, guarda caso, un vecchio commilitone di Peg che va dalla signora per ricostruire il suo passato e si trova così coinvolto nella vicenda. Ma probabilmente ci si sarebbe trovato coinvolto comunque, visto che in questo episodio fa coppia fissa con l’affascinante medico legale del luogo.
La storia è coinvolgente e ha un ottimo ritmo. Il Morto non si vede molto ma il fascino di Delitti di Paese sta principalmente nello sbrogliarsi della matassa e nella carrellata di personaggi ben delineati.
I disegni di questo episodio sono molto belli, e forse proprio questo costituisce il loro limite. Stavolta Boselli è stato inchiostrato da Leonardo Gagliano. Il risultato è eccellente: le sapienti pennellate di Gagliano sono nette e modulate e nell’insieme danno quasi un’impressione di ligne claire con derive pop art. Alcune vignette sembrano disegnate da Ted Benôit, e non siamo poi troppo distanti nemmeno da Roberto Baldazzini. Questo stile così elegante e ricercato, però, forse non è quello più giusto per narrare le vicende sporche e disperate de Il Morto. Ma forse basta solo farci l’abitudine.
In appendice c’è una breve storia di Blacky Mole, Ǿläff il Bruciato, ispirata ai miti norreni. Meglio di quanto visto in precedenza sempre a opera di Antonio Pannullo, ma la natura epica del racconto rende questo fumetto più simile a un racconto illustrato che a un fumetto vero e proprio.

domenica 29 gennaio 2017

Figli delle Tenebre - Burzum, Mayhem e l'anima nera del metal

Mai sopportato l’heavy metal, ma nella ricerca frenetica di qualcosa di interessante tra le offerte col 25% di sconto (del dodicesimo Don Camillo ancora niente) mi è caduto l’occhio su questo fumetto che sembrava disegnato veramente bene. Una volta acquistato e letto, ho avuto conferma che l’impressione iniziale era corretta. Non solo: è anche scritto molto bene.
Dei vari Burzum e affini con la relativa mitologia correlata conosco solo le storie che circolavano vent’anni fa (quindi esiste veramente l’album con la foto del tizio che si è sparato in testa), ma anche per un profano Figli delle Tenebre è una lettura comprensibile. E, cosa più importante, avvincente.
La storia si sviluppa in una serie di quattro capitoli più un’introduzione di due tavole. La caratteristica precipua di questa struttura è che ogni parte si svolge cronologicamente in un momento successivo rispetto a quella che viene dopo, e in sostanza ogni capitolo è un flashback che getta luce su alcuni degli aspetti che sono emersi in quelli precedenti. Tanto che nella maggior parte dei casi un capitolo si conclude con la scena che era stata la prima in quello precedente. Può sembrare una cosa velleitaria o estetizzante, ma nei fatti funziona benissimo creando un bel ritmo e una certa tensione.
La storia è quella dell’attività omicida di Kristian “Varg” Vikernes, in arte Conte Grishnackh, che nel 1993 ammazzò il suo manager e amico Øystein “Euronymous” Aarseth, fondatore dei Mayhem e figura cardine dell’heavy metal (o dark metal o thrash metal, quella roba là) norvegese, fautore dell’idea di dar fuoco alle chiese cattoliche che anche Warren Ellis ricordò in un bellissimo episodio di Global Frequency.
Partendo dalla fine, vengono quindi ricostruite le cause che portarono al delitto e soprattutto viene fatta rivivere la scena della musica underground norvegese: un bell’ambientino in cui per farsi largo si ricorreva a provocazioni basate su una fraintesa identità nazionale, e i cui membri sgomitanti vivevano in uno stato di costante competizione per emergere (arrivando a delle bassezze notevoli), non troppo diverso da qualsiasi star system.
Pur nella durata obbligata delle 20 pagine a capitolo che si è autoimposto, Davide Bertaina scrive in maniera coinvolgente, alternando con sapienza pagine più fitte di vignette ad altre che sono vere splash pages, e ricorrendo a dei mezzi molto efficaci come un personaggio ritratto a figura intera in campo lunghissimo per rappresentarne la solitaria disperazione. Sicuramente Bertaina aveva chiara in mente anche l’alternanza delle pagine pari e dispari del fumetto, visto che spesso voltare pagina è funzionale agli effetti che lo sceneggiatore voleva provocare nel lettore.
Ai disegni Simone Ragazzoni fa effettivamente un ottimo lavoro: ha un tratto realistico scolpito con dei neri pesantissimi che mi ha ricordato Giorgio Santucci. Non siamo allo stesso livello e forse sul finale Ragazzoni arriva un po’ col fiato corto (d’altra parte già nei ringraziamenti diceva che le scadenze erano pressanti) ma il suo lavoro è veramente egregio. Peccato però che si mortifichi usando dei rozzi ghirigori per raffigurare i titoli dei giornali o i termini di un contratto: è un tocco un po’ infantile che fa a pugni con lo stile secco e maturo del disegnatore. A tal proposito, va lodato anche per come ha saputo usare la documentazione: veramente notevoli le divise dei pompieri e dei poliziotti norvegesi.
Molto simpatica la postfazione di Alex Crippa, che pur riassumendo alcuni elementi per i profani non è affatto pesante, anzi in molti punti è addirittura spassosa.
Dei due autori non compare nessuna biografia e francamente, considerata la qualità del lavoro di entrambi, mi stupisco nell’apprendere da internet che nessuno dei due ha altri lavori al suo attivo.
Il volumetto è elegantemente rilegato in brossura olandese, ma è penalizzato da una non-copertina scarna all’inverosimile, in cui in pratica ci sono quasi solo il titolo e il sottotitolo. Se l’idea era quella di attirare i metallari più che gli appassionati di fumetti si sarebbe potuto mettere un bel ritratto di Burzum o al limite anche una foto, no?

giovedì 26 gennaio 2017

Fumettisti d'invenzione! - 110

Mi permetto di integrare il divertente e interessantissimo volume di Alfredo Castelli con altri “fumettisti d’invenzione” e simili.
In grassetto le categorie in cui ho inserito la singola segnalazione e la pagina di riferimento del testo originale.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

YŪGAI TOSHI/POISON CITY
(Francia/Giappone 2014, in Jump Kai, © Shueisha/Ki-oon, fantascienza)
Tetsuya Tsutsui

Manga realizzato in collaborazione con la casa editrice francese Ki-oon. In previsione di ospitare i Giochi Olimpici, il Giappone del 2019 scatena una ondata censoria che si abbatte su tutti i media e coinvolge anche i fumetti ritenuti pericolosi secondo i canoni delle nuove strettissime imposizioni.
Anche il mangaka Mikio Hibino si trova nell’occhio del ciclone e deve desistere dal pubblicare in versione cartacea il suo lavoro.
Poison City è ispirato a vicende realmente accadute all’autore, che si vide censurare il suo manga Manhole senza esserne informato. In appendice all’edizione francese ci sono delle testimonianze di Tsutsui sulle assurdità dei criteri censori in Giappone e sui trucchi per evitarli.
Pseudofumetto: Mikio Hibino realizza Dark Walker, un fumetto horror che verrà continuato solo su internet per non comprometterne la natura, e che verrà notato da un editore statunitense. La storia, di cui il manga presenta vari estratti, narra di un virus che rende cannibali gli umani durante la notte, con un soggetto non dissimile dalla precedente opera di Tsutsui Manhole.

CARTOONIST COME PROTAGONISTA – SERIE (pag. 19)

VOLT
(Italia 2017, nella testata omonima, © Stefano Conte, umorismo)
The Sparker [Stefano Conte]

Versione cartacea riveduta e corretta del webcomic Che vita di Mecha…, che ora è diventato il sottotitolo. Il protagonista Volt, ritratto come un robot, sogna di diventare un fumettista di successo e nel frattempo si autoproduce la sua opera in tiratura limitatissima. Il destino e una madre esasperata lo porteranno ad accettare un lavoro presso la filiale di una fumetteria, dove avrà modo di assistere alla sfilata di una variegata fauna di clienti o semplici curiosi.
Pseudofumetti: oltre a le Cinetiche Mangavventure di MangaMan (di cui vengono presentati degli estratti in appendice), in Volt compaiono molti altri titoli che sono palesi parodie di fumetti reali: Tecs, Dragon Bob, Zago, ecc.

CARTOONIST COME COPROTAGONISTA OCCASIONALE – FUMETTI SERIALI (pag. 28)

ANON E. MOUSE
(Gran Bretagna 1974, in Anon, © Alan Moore, striscia umoristica)
Alan Moore

Esordio nel fumetto dell’autore di Watchmen: una satira della controcultura con animali antropomorfi.
Tra gli amici del protagonista, velleitario come lui, c’è il coyote fumettista Kenyon.

Fuori tema: fumettisti non d’invenzione: citazioni, caricature, camei; fumetti biografici; metafumetti e autoreferenzialità; parodie
CITAZIONI, CARICATURE, CAMEI (pag. 61)

IL ÉTAIT MOINS CINQ
(Belgio 1974, in Le Journal de Spirou, © Le Lombard, parodia)
Bob de Moor

Un losco individuo penetra nello studio di Edgar P. in procinto di terminare l’ultima tavola del fumetto Le Rayon U, nonostante la dimora del disegnatore vanti dei sistemi di sicurezza fantascientifici tratti dalle avventure di Blake e Mortimer che monitorano la situazione.