domenica 8 giugno 2014

Historica 20 - Operazione Overlord



Cominciamo male. In Operazione Overlord già il primo balloon ha un refuso (e non sarà l’unico). Quasi un presagio della qualità del volume, composto da tre tomi di cui l’ultimo appena uscito in Francia: in effetti la serie promette molto ma non si mantiene su un livello costante, e in più di un’occasione sembra che sia stata curata di meno, o che ci sia stato qualche calo.
Operazione Overlord riprende vagamente la struttura di Berceuse Assassine di Tome e Ralph, trasportando l’azione allo sbarco in Normandia avvenuto a 70 anni esatti dall’uscita del volume: la stessa vicenda viene vista da tre punti di vista differenti. Il primo episodio, Sainte-Mère-Église, porta sulla scena un eterogeneo gruppo di paracadusti statunitensi che liberano il villaggio eponimo. Bruno Falba cerca di approfondire le personalità dei protagonisti, ma 46 pagine sono troppo poche per poter sviluppare compiutamente la storia di ognuno senza che sembrino degli stereotipi o delle macchiette, tanto più che c’è anche il contesto da definire e un bel po’ di dettagli tecnici e storici da profondere. E francamente questo gruppo eterogeneo mi sembra troppo eterogeneo per essere credibile (un irreprensibile poliziotto newyorkese, un cowboy attaccabrighe, un meticcio benestante in fuga da New Orleans, due polacchi amici fraterni, persino un pellerossa!).
Davide Fabbri è senza dubbio un validissimo disegnatore, ma il meglio lo dà nel definire i dettagli tecnici (la sequenza del lancio dall’aereo sembra presa da un manuale) mentre, per quanto disegnati rigorosamente bene, i suoi uomini dalle dita affusolate sono piuttosto freddini e in qualche occasione ho fatto fatica a distinguerli. Le scene di massa e le panoramiche, poi, sarebbero ottime se non fosse che l’uso del computer come base di partenza produce un effetto un po’ straniante, un po’ come le insegne, il lettering e alcuni dettagli tecnici che vengono appiccicati di peso da un archivio di immagini digitalizzate e tolgono un po’ di magia all’insieme. E, riallacciandomi a quanto dicevo sopra, mi è sembrato che alla fine del primo episodio Fabbri sia arrivato con il fiato corto, limitando il lavoro di fino fatto per oltre metà volume preferendo un segno più rapido e sfondi meno ricchi.
Col secondo episodio, Omaha Beach, la storia subisce una netta impennata in positivo: stavolta a meritarsi maggiormente la luce dei riflettori sono i soldati tedeschi in attesa dell’inevitabile sbarco degli Alleati. Ai disegni Fabbri viene sostituito da Christian Dalla Vecchia, secondo me con buoni risultati. Della Vecchia non ha la perizia tecnica di Fabbri né la sua grazia (ah, i nasi del comitato militare a pagina 61...) però il suo tratto risulta più caldo del collega-maestro e non è soggetto a fluttuazioni qualitative.
C’è un avvicendamento anche ai testi: Bruno Falba passa il testimone a Michaël Le Galli. Ignoro se questo stacco sia stato così netto e se i due abbiano collaborato in itinere, sta di fatto che a me è sembrato che la sceneggiatura scorra molto più fluida e coinvolgente. Merito del minor numero di protagonisti e comprimari, ma anche dell’assenza di quei flashback-lampo di una tavola che hanno caratterizzato la prima storia senza portarle particolari benefici – anzi, a me hanno dato l’impressione di scimmiottare altri fumetti o telefilm. Il finale di Omaha Beach mi è piaciuto, non sono un fan del genere bellico e quindi ignoro se un escamotage del genere sia già stato usato in romanzi, fumetti o film; io l’ho trovato originale e perfettamente congruente con le personalità e le azioni dei personaggi che lo vivono e lo mettono in atto.
Non male poi l’espediente di colorare i balloon di colori diversi a seconda della lingua parlata.
La Batteria di Merville, ultima parte del trittico che vede il ritorno di Fabbri alle matite, riprende lo spirito di Omaha Beach, puntando non solo sullo snocciolamento di dati tecnici e di sequenze descrittive ma anche su un finale a sorpresa. Stavolta i protagonisti principali sono solo due, un paracadutista inglese e un suo omologo canadese («Québéquois» come ci tiene a sottolineare per ripararsi dalle accuse di essere un froggie, un francese) e oltre che sulle scene di guerra la storia si concentra sul rapporto che entrambi sembrano avere con la stessa donna. Il bel finale, sicuramente appagante per chi cercava qualcosa di più di una classica storia di guerra, non mi ha impedito di pensare che forse un meccanismo del genere (con il  colpo di scena da «fumetto modello Lanciostory») avrebbe potuto anche risolversi in molte meno pagine, e che il tratto di Fabbri, per quanto molto curato e rigoroso, probabilmente non è il più adatto a illustrare storie belliche con un sottofondo così crudo: la mucca dilaniata a pagina 142 fa riflettere più su quanto Fabbri sia bravo a disegnare che sulla brutalità della guerra. Anche i colori, e questo si estende a tutto il trittico, mi sono sembrati troppo accesi e vivaci per ricreare l’atmosfera disperata e fatalista che (immagino) avrebbe dovuto permeare la serie.
Nel complesso Operazione Overlord non è stata proprio una delusione ma, fermi restando i molti meriti della collana (confezione, prezzo, qualità di stampa non disprezzabile, le puntuali introduzioni), lo considero come un momento interlocutorio in attesa del prossimo volume che spero mostri un migliore amalgama tra testi e disegni o che almeno non sia l’ennesimo fumetto di guerra.
IL SEI DEL SEI CI SEI?

Nessun commento:

Posta un commento