venerdì 31 maggio 2013

Historica 8 - Vae Victis! vol. 2



Dall’introduzione di Giuseppe Pollicelli:

«Con l’avanzare degli episodi di Vae Victis! [...] il realismo che aveva caratterizzato le puntate iniziali del ciclo cede mano a mano il passo alla rappresentazione di scene stupefacenti, al piacere della sottolineatura iperbolica, a una palese enfatizzazione degli ingredienti narrativi dai sapori più forti come l’erotismo e, soprattutto, la violenza.»


Cominciamo bene. E continuiamo ancora meglio. Tra uno spoiler e l’altro Pollicelli rincara la dose:

«I tre […] saltimbanchi sgominano a suon di cazzotti e acrobazie una folla di uomini inferociti con la stessa facilità con cui, nei loro film, erano soliti farlo Bud Spencer e Terence Hill.»

Oddio, ma cosa diavolo sto per leggere?! Per fortuna Pollicelli è stato un pochino troppo severo con la serie (che forse non gli piace più di tanto), o magari avrà voluto rimarcarne gli aspetti più bassi per farne risaltare gli altri pregi. E alla fin fine questo secondo volume integrale di Vae Victis! è perfettamente coerente col primo, con tanto di episodio stampato male (in questo caso il quarto, ma neanche il primo scherza) e la trama è un misto di avventura scatenata e rigore storico. Vale insomma quanto ho già detto del primo volume, l’unica differenza è che qui la vicenda assume un aspetto nettamente corale, con varie storie che si dipanano a partire da una matassa comune. Il che è un bene anche perchè la prostagonista, pur con tutte le vicissitudini di cui è stata vittima, non è proprio il colmo della simpatia.
Tanta azione, tanti personaggi stereotipati accanto ad altri anacronistici per l’epoca trattata, qualche ammiccamento al lettore e una spruzzata di contestualizzazione storica molto approfondita “giusto per” che però non dispiace. Il ritmo è incalzante e anche a causa del dipanarsi di più storie parallele Vae Victis! si segue con piacere e interesse, tanto più che c’è anche qualche minimo tocco di continuity a collegare i volumi. È un’ottima cosa che si possa leggere a blocchi di 4 episodi per volta.
Mitton non è un genio, ma la cura attentissima che dedica ad alcuni dettagli e soprattutto alle scene di massa e alle ambientazioni gli valgono almeno il rispetto dovuto ai professionisti più seri. Che gli scappino delle semplificazioni anatomiche nelle figure di secondo piano mi pare fisiologico e per nulla grave visti anche i suoi ritmi serrati di lavoro.
Con tutto il ben di dio che esce in Francia forse Historica avrebbe potuto scegliere qualche fumetto più autoriale al posto di Vae Victis! (anche per uniformarsi al resto della collana, che occasionalmente ha invece peccato di velleitarismo) ma non rimpiango affatto i miei 13 euro e anzi, nonostante con questo volume il primo lungo ciclo della saga sia concluso, spero di vederne il seguito.
Tanto più che, almeno finora, sulle sue pagine non si sono visti aerei della Seconda Guerra Mondiale.

giovedì 30 maggio 2013

Cross-over fumetto-giochi di ruolo



Probabilmente I Signori del Caos è il primo gioco di ruolo realizzato e prodotto in Italia, “probabilmente” perchè le informazioni non sono proprio sicure al 100% e in epoca di tirature condominiali e di scarsa attenzione alle gerenze non era facile risalire all’effettiva data di uscita di un prodotto, soprattutto se i contenuti dei boxed set venivano poi riciclati per eventuali riedizioni successive.
Su internet si trovano ancora siti o interventi in forum che citano Kata Kumbas come primo gioco mai creato interamente in Italia e quindi uscito per primo, ma ormai pare assodato che I Signori del Caos vide la luce nel 1983 e Kata Kumbas, indipendentemente dalla data effettiva di realizzazione, fu distribuito solo nel 1984.
Nonostante la scarsità di mezzi e le inevitabili ingenuità (quelle che oggi, a distanza di trent’anni, sembrano ingenuità), I Signori del Caos non è affatto un gioco disprezzabile; nonostante voci molto autorevoli del settore ludico italiano insistano nel definirlo semplice riscrittura del classico Dungeons & Dragons (sciocchezza di cui Wikipedia si è appropriata), per l’epoca il sistema di gioco era innovativo e anche l’ambientazione, per quanto il melange di Tolkien e Grecia Classica fosse un po’ stridente, non era affatto banale.
A quanto pare I Signori del Caos ebbe un certo successo: l’affermazione del prodotto permise la creazione di un altro gioco di ruolo, I Figli dell’Olocausto, e gli fu perfino dedicata una fanzine. Chiaramente, non mancarono moduli e supplementi, pur se non tutti quelli annunciati videro la stampa. Come “atlante” geografico la Black-Out pubblicò Arret (settembre 1988?), un curioso supplemento formato da due scatole che, oltre a una mappa enorme e ai nuovi manuali con le regole, presentava anche degli interessantissimi “game props” (e finalmente arrivo al nocciolo del post!): affidate alle matite di Giorgio Montorio e Roberto Bonadimani, c’erano delle belle illustrazioni sciolte stampate su carta semitrasparente ad alta grammatura. Presentati giustamente come veterani del fumetto, i due disegnatori hanno realizzato qualcosa di veramente ottimo. Il loro lavoro è apprezzabile anche in virtù del fatto che nessuno dei due aveva probabilmente nemmeno un’infarinatura vaga dell’iconografia dei giochi di ruolo, e quindi dettero delle interpretazioni assolutamente personali di razze e tipologie di personaggi che un giocatore era abitutato a “vedere” in ben altre maniere più stereotipate.
Arret diventa un inconsapevole punto di contatto tra il fumetto più popolare (Montorio tra le altre cose proveniva da Diabolik, e realizzò una breve serie proprio su Le Amazzoni, soggetto principe delle sue illustrazioni) e quello più autoriale (Bonadimani realizzava fumetti solo per il proprio piacere, senza mai abbandonare il suo posto di lavoro forse anche per non sottomettersi alle logiche commerciali del settore fumettistico).
Ecco qualche esempio:


(Roberto Bonadimani aveva già fatto capolino nella scatola base de I Signori del Caos – almeno, nella versione che ho io – ma in quel caso si trattava probabilmente della riproposta delle immagini di un portfolio)

lunedì 27 maggio 2013

Before Watchmen/7



Comedian (testi di Brian Azzarello, disegni di J. G. Jones)

Il Comico non è stato solo un sadico che sfogava i suoi istinti protetto da una maschera, uno stupratore che disprezzava le donne e un feroce agente dei poteri occulti che svolgeva con fin troppo zelo e piacere i suoi incarichi. Per Azzarello è stato anche un amorevole padrino per i giovani rampolli dei Kennedy, un guerriero indomito indurito dal confronto con i soldati “veri” e uno scrupoloso protettore delle popolazioni che va a invadere (almeno, dei rappresentati di queste popolazioni che più gli sono vicini).
Mah. Sarà pur vero che l’animo umano è più complesso di quanto la letteratura disegnata e non possano mostrare, ma tutto sommato le sfaccettature più umane di Edward Blake ce le aveva già mostrate Alan Moore nell’opera madre. Blake è disperato quando spiega il piano segreto a Moloch, è terrorizzato quando Hooded Justice lo picchia, dimostra comunque un ruvido affetto per le due Silk Spectre. A volerlo umanizzare troppo si finisce per snaturarlo, come è successo in questa miniserie. Ora, i colpi di matto (tanti e pure pesanti) Edward Blake li dà anche qui, e questo potrebbe far pensare che in fondo non lo si è voluto umanizzare più di tanto; però il confuso finale in cui si intuisce che anche lui altro non è stato che una vittima riporta appunto all’idea che qui si voleva dare del Comico.
Nel complesso una miniserie stiracchiata (3 numeri secondo me potevano bastare e avanzare) il cui scopo principale è paradossalmente quello di riabilitare un “cattivo” di Watchmen tradendone quindi lo spirito originale.
Poi i dialoghi di Azzarello sono sempre azzeccati, e mi è piaciuta la prospettiva non banale con cui ha trattato il conflitto del Viet-Nam, ma alla luce di questi elementi sembra quasi che il Comico sia stato infilato di forza in una storia che in molte parti avrebbe potuto avere molto più senso con un altro protagonista. Inoltre mi è sembrato che la storia saltasse troppo di palo in frasca di episodio in episodio, cambiasse repentinamente ambientazione e scena senza soluzione di continuità, riannodando precedenti cliffhanger con sequenze che non c’entravano niente. Ma magari è stato solo un problema mio.
J. G. Jones si allinea agli altri disegnatori eccellenti di Before Watchmen: considerando tutto il ciarpame che esce oggigiorno i suoi disegni non sono affatto orrendi, però avrebbe potuto fare molto meglio. Credo che tra i “big” coinvolti nel progetto sia quello che delude di più.
Il guaio è che partendo da riferimenti fotografici si sta poco a mandare tutto in vacca, basta che non si colgano bene le proporzioni o che la mano “scivoli” anche di poco su un lineamento e la frittata è fatta: i volti diventano deformi o desolatamente piatti come è successo in questo miniserie in molte occasioni. La sua inchiostrazione mi pare inoltre molto pesante e poco modulata, per niente piacevole e quasi sempre legnosa. Una colorazione “impazzita” o troppo cupa non aiuta, così come non aiutano gli occasionali (pochissimi per fortuna) effettacci col computer.
Ulteriore nota negativa: pare che in origine la pubblicazione abbia subito vari ritardi.
Bocciata.

venerdì 24 maggio 2013

Giuseppe Mustacchi


Potevo esimermi? - reprise



Preso Masquerouge 2. Più che sull’episodio disegnato da André Juillard (non si intuiva che era a un passo dal diventare una divinità ma in retrospettiva le qualità c’erano già tutte) mi concentro brevemente su quello di Marco Venanzi, perchè ho riscontrato delle differenze curiose.
Già la copertina è curiosa, visto che pensavo che spostare (o peggio, cancellare) la firma di un disegnatore fosse prerogativa della sola Eura/Aurea.

E anche la vignetta conclusiva, che non posto per non spoilerare nulla, è stata spostata per far posto alla dicitura «fine dell’episodio».

Qualche differenza nei dialoghi, dovuta alla necessità di sintetizzare, l’ho notata anche con un’occhiata superficiale:


Ma quello che colpisce di questa versione Cosmo è l’effetto di pulizia e luminosità abbacinante che hanno le tavole di Venanzi private del colore:



Venanzi faceva da solo (più avanti con l’aiuto di un collaboratore) anche i colori, e soprattutto in questa versione pre-computer (computer che avrebbe poi minato anche la qualità di stampa, anche se è difficile immaginarlo per un prodotto francese) le sfumature e le campiture di colore erano importantissime per definire alcuni dettagli e per dare profondità alle vignette, oltre ad avere un proprio senso all’interno della narrazione:


Vabbè, sono comunque solo 2,90€ e la stampa è molto buona. Inoltre Marco Venanzi sembra proprio il disegnatore più adatto per questa serie: talvolta molto ingessato, il suo stile è perfetto per evocare la transizione dell’Arte Medievale verso il Barocco.
E nella Deuxième Epoque di Masquerouge Patrick Cothias era ovviamente più consapevole dei propri mezzi e della direzione da far percorrere ai suoi personaggi, senza il formato-prigione degli episodi brevi a dettarne ritmo e sviluppi e a costringerlo a inventarsi ogni volta qualcosa di nuovo e chiuso in sè.

giovedì 23 maggio 2013

Le gioie del correttore automatico (credo)

(da Anteprima 261 del maggio 2013)

aggiunta del 25/05/2013:
nel presentare il volume Mystery Men Mauro Venturelli si lascia sfuggire che gli anni '30 in America sono stati quelli della grande "repressione":